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BREVI CONSIDERAZIONI IN MATERIADI MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE

  • Immagine del redattore: stefania ramoino
    stefania ramoino
  • 22 apr 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 22 lug 2024





Se si volesse indicare con un solo termine l’istituto della MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE FIDUCIA rappresenta la parola che meglio sintetizza le fondamenta su cui poggia tale istituto e la finalità cui esso aspira: condurre verso una giustizia differente da quella che abbiamo sempre conosciuto.

E qual è questa Giustizia nuova?

Quella che diversi commentatori definiscono GIUSTIZIA CONSENSUALE, una forma di composizione delle controversie, cioè, che aspira al raggiungimento della coesione e della pacificazione sociali, che la tradizionale GIUSTIZIA PROCESSUALE non sempre garantisce e, forse, non è neppure ontologicamente chiamata a garantire.

Al noto brocardo “dura lex, sed lex” si vuole contrapporre, in altre parole, una soluzione dei conflitti per così dire condivisa, nella quale le parti si sentiranno reciprocamente “pacificate”, anche se non integralmente soddisfatte.

Il percorso attraverso il quale l’istituto della Mediazione ha assunto la forma che oggi conosciamo è stato tuttavia irto di ostacoli, soprattutto dopo la nota sentenza della Corte costituzionale numero 272 del 6 dicembre 2012, che censurò la costituzionalità della sua obbligatorietà (anche se soltanto sotto il profilo dell’eccesso di delega legislativa).

Fu il legislatore del 2013 (con la legge numero 98) a sanare tale vizio, incentrando la mediazione sul primo incontro tra le parti con l’assistenza obbligatoria di un avvocato.

Ecco dunque che l’istituto, originariamente normato dal decreto legislativo 28 del 2010, inizia quel lungo percorso evolutivo e di crescita culminato con la RIFORMA CARTABIA, la quale, tra le altre cose, ha inteso fornire adeguata risposta a quanto la Corte di Cassazione, con la sentenza 8473 del 2019, ebbe modo di sancire in ordine alle modalità di svolgimento del primo incontro.

La Suprema Corte, infatti, stabilì che le parti, in occasione del primo incontro, una volta adeguatamente informate sulla mediazione, ben potessero limitarsi a comunicare la propria indisponibilità a proseguire oltre.

Ed è risaputo che nella stragrande maggioranza dei casi le parti così operavano, svuotando di fatto la mediazione di qualsivoglia significato ed utilità.

Ecco allora che il Legislatore, facendo proprie le riflessioni, le esperienze e le istanze emerse in quei primi anni di applicazione dell’istituto, prima con la legge delega 206 del 2021 (frutto del confronto svoltosi durante i lavori della Commissione presieduta da Francesco Paolo Luiso) e poi con il decreto legislativo 140 del 2022, ha avviato la revisione della disciplina della mediazione così come contenuta nell’originario decreto legislativo 28 del 2010.

In questo ambito, principio cardine della Riforma diviene la partecipazione personale delle parti alla mediazione.

Infatti, l’incipit del comma 4 dell’art. 8 del riformato decreto legislativo 28 del 2010 è rappresentato dall’inciso “LE PARTI PARTECIPANO PERSONALMENTE ALLA PROCEDURA DI MEDIAZIONE”, salva poi la previsione della possibilità di delegare un rappresentante, ma solo “in presenza di giustificati motivi”.

Ed è nel ruolo che il legislatore attribuisce alle parti che si viene a ravvisare quella FIDUCIA, a cui si faceva cenno all’inizio, e che permea l’intera Riforma, nella quale grande rilievo ed importanza - e non poteva essere altrimenti alla luce di quanto ci stiamo dicendo - viene riservato al PRIMO INCONTRO.

Sul punto, il comma 6 dell’art. 6 del decreto legislativo 28 del 2010 novellato così dispone: “Al primo incontro il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione”.

La Mediazione ripensata dalla Riforma Cartabia tende dunque alla realizzazione di un primo incontro EFFETTIVO, nel quale le parti, supportate dai loro legali, possano dialogare e confrontarsi al fine di giungere ad un accordo conciliativo.

Il sopramenzionato comma 6 prosegue, infatti, affermando “Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”

Così come grande rilievo è stato attribuito alla nozione di FIDUCIA, parimenti il Legislatore della Riforma ha inteso normare una serie di conseguenze processuali da applicare nell’ipotesi in cui codesta FIDUCIA venga disattesa.

Ci si riferisce all’art. 12 bis del decreto legislativo 28 del 2010 novellato, a mente del quale è previsto:

. al primo comma che, ove la parte non partecipi senza giustificato motivo al primo incontro, il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile;

. al secondo comma che, ove la mediazione costituisca condizione di procedibilità, il giudice condanni la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro sempre senza giustificato motivo al versamento allo Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio;

. al terzo comma che, nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, possa altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione;

. al quarto ed ultimo comma che, sempre nei casi di cui al comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all’autorità di vigilanza competente”.

Gli studiosi della materia, che già si sono espressi in ordine alla mediazione post CARTABIA, hanno ravvisato nelle statuizioni sopra citate (e in quelle che andrò sinteticamente ad evidenziare a breve) la volontà del legislatore di rendere codesto istituto “un diritto della persona per la composizione delle controversie in maniera responsabile, senza deleghe e al contempo senza pregiudizio per la tutela (eventuale) del diritto sostanziale in sede giurisdizionale. (cfr. Marco Martinaro in Diritto della Mediazione civile e commerciale).

Diritto della persona (in capo a chi promuove la mediazione) a cui deve corrispondere un coincidente dovere di solidarietà della parte invitata a parteciparvi, il tutto entro il perimetro nel quale si muove l’art. 2 della Costituzione (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale) destinato a diventare il fondamento ed il completamento dell’art. 24 sempre della Costituzione (Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento).

 
 
 

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